
C’erano una volta Padre Stefano Manelli e Padre Gabriele Pellettieri, Francescani Minori Conventuali presso il Convento di Sant’Antonio di Portici (NA).
Nel 1970, traboccando in loro il desiderio di vivere una povertà radicale, evangelica, come presentata nella Regola Bollata di san Francesco di Assisi, gli venne concessa questa opportunità e vennero inviati a Frigento, un piccolo paese irpino, in provincia di Avellino.
Per chiarezza spiego: la povertà degli Ordini religiosi contempla la povertà personale ma non quella comunitaria: ad esempio i benedettini o i domenicani non possono possedere nulla personalmente, ma comunitariamente possono possedere anche un’abbazia o un castello, senza contravvenire ad alcuna regola. I Francescani dell’Immacolata, ritornando alla regola Bollata di San Francesco, vivono la povertà sia personale che comunitaria.
A Frigento Padre Stefano e Padre Gabriele presero dimora presso il convento annesso al Santuario della Beata Vergine del Buon Consiglio. Gli abitanti del paese ancora se li ricordano, quando andavano elemosinando nelle case un pezzo di pane. Denaro? Non ne accettavano, solo i resti del cibo delle proprie mense. – Non vogliamo e non possiamo possedere – era la risposta.
Così è cominciata la storia. Che poi è continuata con un fiume di vocazioni, giovani frati gioiosi anche belli e intelligenti: Fra Biagio, Fra Michele, Fra Antonio, Fra Rosario, Fra Giuseppe, i primi. E poi ancora tanti e tanti, come fiori tutti bianchi donati al mondo dalla Madonna del Buon Consiglio. E sempre padre Stefano e Padre Gabriele a guidarli, a guidare le persone lungo il sentiero della salvezza e dell’amore. Sempre a darsi del Voi tra di loro con un rispetto ed una delicatezza che lascia pensare alla Santa Famiglia di Nazaret.
Questo l’inizio.
Si sa, dove e quando può agire l’Immacolata, esagera.
Ha esagerato con le vocazioni.
Ha esagerato con la Grazia per le anime.
Ha esagerato anche con i beni.
Ma andiamo per ordine.
I primi beni che arrivarono furono i pranzi che le persone del paese preparavano la domenica per i Frati. Le pastiere e i casatielli per la Pasqua e gli strufoli per il Natale. Che più di una volta entravano dalla porta principale per uscire immediatamente da quella di servizio per le famiglie più bisognose di Frigento e dintorni.
La tipografia. Un paese intero ha piegato i foglietti delle prime pubblicazioni “Il santo Rosario e i santi”, “Maggio, il mese di Maria” ed altri quando ancora non c’era la piegatrice. Un apostolato febbrile, sul carisma del folle dell’Immacolata, San Massimiliano Kolbe, ha sempre caratterizzato l’attività instancabile dei FFI.
E così l’Italia, per prima. Poi la Francia, l’Inghilterra, il Portogallo, la Russia, Le Filippine, l’Africa, L’America latina, L’Australia. Il mondo? Si il mondo. Si sa l’Immacolata esagera. In ogni modo le medagline miracolose nel cartoncino blu e plastificate hanno fatto il giro del mondo in tutte le lingue.
Insieme all’apostolato aumentavano le attività e i beni.
I beni sono stati prima una piccola casetta a Frigento, che è poi diventato il primo convento delle suore, poi alcuni terreni donati dai frigentini e poi altre proprietà altre case, immobili, terreni, attrezzature all’avanguardia per la stampa, per la radio, per la televisione, che poi è diventata satellitare.
Si sa l’Immacolata esagera. Soprattutto se le persone si fanno cosa e proprietà sua per sempre con il Voto Mariano.
E con tutti questi beni come si fa?
Fin dalle prime donazioni Padre Stefano e padre Gabriele hanno ribadito di non voler possedere nulla. Come si fa? Non vogliamo e non possiamo. La stessa Congregazione per gli Istituti religiosi aveva allora suggerito di creare una Associazione. Non è il primo né l’unico caso al mondo. Anche in altri casi si era fatto ricorso a configurazioni associative di questo genere.
E dunque regolari Associazioni senza scopo di lucro, hanno da sempre sostenuto il possesso dei beni, concedendo ai FFI di usufruirne e di farne uso per l’apostolato, la stampa, la radio, la televisione, l’aggiornamento e le catechesi dei laici, lo studio dei sacerdoti FFI, le missioni. Da decenni e non, come si vuole far credere, dal Commissariamento in poi. Ma voglio raccontare la storia, non soffermarmi sullo scempio che la stampa e gli stessi FFI, che stanno rinnegando le proprie radici, sotto forma anonima vanno dicendo. Padre Pio diceva che la menzogna è la lingua del demonio. Quindi punto e a capo. La storia continua.
Ed è sempre stato così. Per assurdo, e per far comprendere meglio la situazione conseguente alla creazione delle Associazioni, nate per consentire ai FFI di non esercitare alcun diritto di proprietà, per amore francescano a Madonna Povertà, l’uso dei beni da parte dei FFI sarebbe potuto continuare solo fino a quando le stesse Associazioni lo avessero consentito. Un rischio accettato per amore della povertà. La garanzia di questa situazione è sempre stata la comprovata dirittura morale e la condivisione di principi, carisma e missionarietà che è esistita tra le Associazioni e i FFI fedeli al Fondatore. A dimostrazione dell’accordo e della comunione di intenti tra Associazioni e FFI. A dimostrazione dell’uso che è stato fatto dei beni, e cioè sempre e solo al servizio dell’Immacolata e della Sua conquista del mondo intero al Regno di Cristo.
Questo il sistema adottato, che è possibile verificare indagando, che ha consentito ai FFI di poter fare ciò che è sotto gli occhi di tutti in tutto il mondo e che due anni di Commissariamento hanno inaridito e spaccato insanabilmente.
Ora, quale atto finale della persecuzione ai FFI, la frangia faziosa che ha dato inizio alla spaccatura ed alla divisione, profanando il voto di obbedienza ai Fondatori, prosegue in perfetta coerenza a profanare il voto di povertà e vuole i beni. Possederli, gestirli, averne il controllo? Vedremo. Cercherà sicuramente la forma migliore per appropriarsene.
Vedremo.
Intanto il Sinedrio si straccia le vesti, sono già pronti i testimoni. E forse anche stavolta Pilato se ne laverà le mani.
(di Maddalena Capobianco)