Leggiamo sul sito ufficiale del nuovo corso dei Frati Francescani dell’Immacolata, il cui segretario è Padre Alfonso Bruno, un comunicato stampa in cui troviamo che i beni di due delle tre Associazioni che sostengono i Francescani dell’Immacolata, sottoposti a sequestro cautelativo, potranno essere ricondotti all’uso cui sono destinati.
Facciamo notare che l’affermazione, a nostro avviso volutamente vaga, è orientata a far crescere la confusione che in questi giorni i media hanno diffuso con affermazioni a volte imprecise, a volte addirittura false. Anzi, se la frase si legge per intero, aumenta il senso di indefinito che la caratterizza. È scritto, infatti, di beni riferiti all’Istituto che potranno essere ricondotti all’uso cui sono destinati.
Bisogna chiedersi cosa vuol dire “beni riferiti all’Istituto”. L’Istituto non ne è proprietario; non può rivendicarne il possesso, eppure i beni sarebbero riferiti all’Istituto. In realtà vorrebbero vantarne l’uso esclusivo. Ma a quale titolo vorrebbero il diritto di usarli? E perché parlare di beni “riferiti” all’Istituto dei Frati e non anche, eventualmente, all’Istituto delle Suore Francescane dell’Immacolata? Non hanno avuto, anche queste religiose, in uso dalle Associazioni alcuni dei beni di cui sono titolari, come ad esempio, la Radio “Buon Consiglio” che da anni gestiscono? Forse il Commissario dei Frati mira ad appropriarsi non solo dei beni usati attualmente dai Frati, ma anche di quelli concessi in uso al ramo femminile?
Di seguito, quando si dichiara che i beni potranno essere ricondotti all’uso cui sono destinati, si fa un’affermazione senza una doverosa e previa dimostrazione che i beni amministrati dalle due Associazioni siano stati distratti dall’uso che era a loro riservato. L’autore del comunicato non lo fa. Vuole forse insinuare dubbi sull’integrità morale dei laici associati? A noi risulta, invece, che tutte le attività delle Associazioni, dopo l’ingresso dei laici nelle compagini associative, hanno proseguito il loro corso di sempre.
Il comunicato prosegue accusando di mancata trasparenza il precedente governo per il fatto che solo pochi frati sapevano la quantità e l’identità dei beni. Perché meravigliarsi che non tutti i religiosi conoscessero l’entità delle proprietà delle Associazioni, quando si sa che di esse solo una parte è stata data in uso all’Istituto maschile? Inoltre, sarebbe stato più ovvio dire che non era conosciuto il valore dei beni. Probabilmente l’autore del comunicato non usa questo termine perché sa bene che la cifra è stata mal calcolata. A noi risulta di circa un terzo inferiore: 10 milioni di euro e non 30 milioni! Si pensi – solo per fare un minimo esempio – che la valutazione degli automezzi è stata fornita secondo i prezzi di acquisto, anziché in base al valore attuale!.
Ma il “capolavoro” del comunicato, è quando leggiamo l’affermazione in cui si rassicurano i benefattori a che, quanto da essi donato, ritroverà la sua destinazione. Forse, oltre a rivendicare una qualche forma di diritto sui beni, ne rivendicano una anche sulle persone? Non si comprende come l’autore del comunicato si senta investito della qualifica di rappresentante dei benefattori delle Associazioni. Su quali basi presume che i donatori non siano soddisfatti della destinazione che tali Associazioni hanno riservato ai beni da loro elargiti?
Di seguito, ancora un’altra incongruenza. Si afferma: “i proventi della carità a noi conferita possono lecitamente essere destinati soltanto alle attività svolte dall’Istituto, in conformità con la normativa canonica sui Beni Ecclesiastici”. Perché “confondere le acque” parlando di beni ecclesiastici, quando ci si riferisce a proprietà intestate a delle Associazioni civili che non vantano alcun riconoscimento canonico?
C’è un ultimo delicato aspetto da considerare. Nell’annuncio in questione si scrive della collaborazione tra Autorità Civile e Autorità Ecclesiastica come funzionale al bene della collettività. Non ci sono dubbi che ciò sia vero; com’è vera la fiducia che riponiamo nell’attività della Magistratura. Attendiamo, infatti, che la verità venga fuori. Ciò premesso, l’affermazione dell’artefice del comunicato merita un doveroso approfondimento. Il provvedimento legittimo della Magistratura, tecnicamente parlando, scavalca i provvedimenti della Chiesa. Infatti, l’aver accettato, da parte del Commmissario dei Frati, di divenire custode e amministratore dei beni sequestrati significa, ipso facto, far ricadere anche il ramo femminile sotto il controllo del Commissario, pur senza un formale mandato canonico.
Speriamo che la Santa Pasqua che si approssima restituisca a noi tutti quella bella dote che si chiama ben dell’intelletto!
Maddalena Capobianco