La scioccante testimonianza di un ex frate

Ovvero che cosa sarebbe, se i mass media fossero esistiti 800 anni fa.

penitentidiassisi

Scandalo! Sensazione! La redazione del nostro programma ha scoperto una storia agghiacciante; una storia di violenza psicologica, di terrore, di fame e di tristezza: tutto questo nel gruppo di “religiosi” guidati da un celebre predicatore. Passiamo la parola a Giovanni, un ex-frate che ha voluto condividere con noi la sua incredibile storia.
Sullo schermo appare la sfigurata faccia di “Giovanni, ex-membro del gruppo di Francesco de’ Bernardone”, e dalle casse esce la voce modificata sicché i membri dell’oscura setta non possano riconoscere il loro denunziatore.
Giovanni: “Stavamo là, in una capanna, per tutto l’inverno. Me lo ricordo bene, era il 1209. Immaginati, quando pioveva dal tetto ci cadevano addosso le gocce di acqua. E poi è venuto l’inverno. Sai, l’inverno di Umbria; lungo, rigido…”
Intervistatrice: “Ma dicci, Giovanni, che cosa vi faceva mangiare il capo della vostra setta?”
G: “Appunto, appunto! Mangiavamo roba proprio scaduta, anzi: schifosa; per più tempo non vi era nemmeno un pezzo di pane, si magnavano le rape. Si doveva mendicare, e poi, qualche volte capitava che un frate andava a mendicare e tornava con le mani vuote; in quelle giornate non si mangiava proprio niente. C’erano anche le tre quaresime, nelle quali si faceva un digiuno estremo. E poi, tutte queste penitenze, tutte le cose strane. Se uno avesse detto una parola ritenuta dal capo poco caritatevole si doveva sdraiare per terra e farsi calpestare la bocca da un altro. Poi i cilizi, le discipline e tutta ‘sta roba!”
La giornalista si rivolge a mons. X., noto esperto televisivo di cose ecclesiastiche:
I: “Come può commentare queste rivelazioni?”
X: “Evidentemente qui si va contro lo spirito del Concilio [Lateranense IV – ndr] che dedicò tanta attenzione al rinnovamento della vita religiosa. Questa gente non accetta la modernità!”
Allora Giovanni riprende il racconto:
G: “Poi c’era pure qualcosa di strano nel comportamento di Francesco nei riguardi delle donne. Chissà quante volte andava dalle sue monache e perché. Sai, non ci potrebbe meravigliare niente; si tratta, insomma, di uno che impudicamente si spogliò davanti a tutti i nobili cittadini di Assisi!”
La scioccante testimonianza di Giovanni C. viene interrotta; ecco, durante la trasmissione in diretta, nello studio squilla il telefono. Chiama N.N., zio di due monache di san Damiano.
NN: Liberate le mie nipoti! – grida l’uomo con la voce interrotta dai singhiozzi – Sono imprigionate là, a san Damiano, da questo settario! Non possono uscire nemmeno una volta all’anno! E la peggior cosa è che tutte  dicono di essere tanto felici, sono proprio plagiate!
L’uditorio applaude, poi i giornalisti ed esperti passano a commentare la nuova capigliatura del celebre trovatore Percivalle Doria o qualche altra notizia sensazionale.
***
Note storiche:
“Possiamo pensare che alcune volte mancò poco che la malinconia e lo scoraggiamento non vincessero i poveri penitenti di Assisi nella capanna di Rivotorto. Nei malinconici giorni di pioggia, specialmente, quando l’acqua filtrava per il tetto troppo meschino e mezzo rovinato del tugurium, e il terreno era troppo perfido e fangoso e rigido, per potervi camminare scalzi, e i frati dovevano star rinchiusi là, avvolti nella loro rozza tonaca, senza aver mangiato nulla in tutta la giornata, e si domandavano se quelli che erano usciti per mendicare porterebbero loro qualcosa, e non avevano fuoco, per riscaldarsi, né libri, per distrarsi leggendo: in quelle giornate, in quell’ore taciturne e glaciali dell’inverno umbro – che è lungo assai e rigidissimo – qualcuno dei frati avrà pensato, che quel genere di vita era una follia, e che sarebbe stato meglio voltar le spalle a questo tugurio sinistro e ai suoi pazzi abitatori, per ritornare ad Assisi, nella città dove un tempo, ahimè!, aveva posseduto casa e giardino, denaro e terre, scioccamente abbandonate e gettate ai poveri! Sì, certamente, devono esservi stati di questi momenti nei quali più d’uno dei frati avrà sentito venir meno il suo coraggio di penitente! E pure i biografi ci parlano soltanto d’una sola defezione tra i primi discepoli, di quella di Giovanni della Cappella. Tutti gli altri resistettero, benché, come ci narra la leggenda, dovessero mangiar rape, invece di pane. Perseverarono e trionfarono!” (Giovanni Joergensen, San Francesco d’Assisi, libro II, cap. 2): facciamo l’augurio di questa perseveranza e di questo trionfo a chi anche oggi vuol seguire lo stesso ideale di san Francesco d’Assisi.
Percivalle Doria fu uno dei famosi trovatori del tredicesimo secolo. Non sappiamo niente della sua capigliatura (sicuramente, se vi fossero stati i mass media nel medioevo, ne sapremmo qualcosa).

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