Pubblichiamo la testimonianza di don Marco Maria. Abbiamo eliminato un aspetto personale della storia, lasciando riflettere i lettori sia su una fondamentale verità evangelica: “Dai frutti riconoscerete l’albero.”, sia sull’atteggiamento del Fondatore nella cura delle anime, recentemente accusato di plagio nella cura delle anime.
Milano, 2 luglio 2015
Non c’è albero buono che faccia frutti cattivi, né albero cattivo che faccia frutti buoni.
Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dalle spine, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male, perché la bocca parla dalla pienezza del cuore. (Lc 6,43-45)
Vi chiederete perché cito questa breve pericope del Vangelo di Luca, è chiaro non niente di meglio della Parola che si è fatta carne, per descrivere e dare senso a ciò che mi accingo a dire.
La mia è una testimonianza, assolutamente disinteressata, finalizzata a mettere in luce la figura e l’opera di un Sacerdote, che ha saputo attualizzare e vivere il Vangelo nel quotidiano, fino in fondo, fino al sacrificio di se stesso. Si parlo di sacrificio, una persecuzione vera e propria, ordita al fine di screditarlo agli occhi della Chiesa e ridurre ai minimi termini l’opera da lui fondata.
Parlo di Padre Stefano Maria Pio Manelli, fondatore e ispiratore dei Francescani dell’Immacolata.
Ho conosciuto il Padre in una circostanza fortuita, mentre si trovava alloggiato presso la famiglia di un mio conoscente a Bergamo. Ricordo ancora quel momento con commozione. L’anno, il 1994 il mese giugno. Non ci conoscevamo e non ci eravamo mai incontrati, nessuno sapeva del mio arrivo e nessuno lo aveva informato. […]
( In seguito ) conobbi il movimento mariano MIM, partecipai agli incontri periodici, con assoluta serenità e libertà, senza alcun condizionamento, entrai a fare una breve esperienza al Santuario di Casalucense presso Sant’Elia Fiumerapido, allora sede del noviziato dei frati in Italia.
Feci un’intensa esperienza spirituale, in letizia. All’interno del convento la vita scorreva serenamente, scandita dalla preghiera e dal lavoro. In questo frangente, incontrai altri sacerdoti e religiosi della congregazione, instaurando solide amicizie che ancora oggi perdurano. Gente del tutto normale libera e lieta di vivere in quel modo, veramente austero, spesso al freddo mangiando ciò che la Provvidenza metteva a disposizione.
Ho avuto modo di incontrare anche il Padre cofondatore Gabriele M. Pellettieri, persona di grande spiritualità e umiltà. Ma tornando a me, ben presto mi resi conto che quella non era la vita che il Signore aveva pensato per me. Fu lo stesso Padre Stefano, recentemente accusato di plagio e condizionamento, a dirmi con assoluta chiarezza che quello non era il mio posto. Non cercò di convincermi in alcun modo. Mi guidò per anni nelle mie scelte, senza mai forzare la mano.
Oggi sono sacerdote e cappellano militare, e per questo ringrazio il Signore, Sua Madre Maria SSma., e quell’umile frate, espressione e incarnazione di Cristo Sacerdote e della “maternità” di Sua Madre.
In breve, ho voluto rendere giustizia ad un uomo che sta vivendo questa immensa sofferenza come purificazione e santificazione, nell’obbedienza ai superiori e nell’affidamento totale al Cuore Immacolato di Maria.
“Dai frutti riconoscerete l’albero”.
Ad J per M
Don Marco Maria Bresciani
Seriate