Smentita alle accuse di una mamma di un frate, rese pubblicamente a Pomeriggio 5 il 14 gennaio 2016. È proprio il figlio a chiarire come stanno veramente le cose, mentre sembra delinearsi all’orizzonte una regia comune che specula sull’insoddisfazione e il dolore dei genitori per accusare il fondatore dell’Istituto dei FFI e l’istituto stesso.
Dopo aver ascoltato la testimonianza di mia mamma qualche giorno fa durante una vostra trasmissione, vorrei rispondere con poche parole ma necessarie per una doverosa rettifica di quanto è stato detto e testimoniato a mio riguardo e a riguardo di padre Stefano Manelli, fondatore dei Francescani dell’Immacolata, dei quali fino a non molto tempo fa facevo parte.
Lungi da me ogni volontà di polemica o di rivalsa per quanto mia mamma ha deciso di fare e di dire, senza nessun preavviso del resto, in maniera del tutto inaspettato per me: mi sento mosso solo dal desiderio di fare luce sulla verità per evitare che nuove falsità si aggiungano a quelle che già sono state propagate, stratificandosi ancora di più, facciano continuare questa farsa in cui padre Stefano Manelli e gli Istituti da lui fondati appaiono come veri “mostri della natura”, pennellati in maniera così pittoresca che a stento gente onesta e capace di buon senso potrebbe credere alle incoerenti e sconclusionate testimonianze di chi vi depone contro.
Con queste parole non voglio colpire nessuno, ma semplicemente mostrare la mia indignazione per tutto il polverone che si è sollevato da qualche tempo e che coinvolge ingiustamente persone che potrebbero essere presentate quale modelli di virtù e di buona condotta in un mondo ed una Chiesa che tanto ne hanno bisogno!
E adesso, sinteticamente, provo a fare un po’ di ordine, quanto meno sui punti che sono stati toccati dall’intervento di mia mamma.
• MAI SONO STATO COSTRETTO DAL PADRE MANELLI AD ENTRARE NELL’ISTITUTO DEI FRATI FRANCESCANI DELL’IMMACOLATA, come dice mia mamma nella sua testimonianza. SONO IO CHE HO CERCATO LUI E NON LUI CHE HA CERCATO ME!
Quando l’ho incontrato per la prima volta mi trovavo in un momento di profonda insoddisfazione perché ero convinto che il seminario di Napoli, in cui mi trovavo, non era il posto giusto per me, non era la mia vocazione – per tanti motivi che non è il momento né il luogo di menzionare –, ma non vedevo luci all’orizzonte che mi indicassero un’alternativa.
QQQQuando per la prima volta ho incontrato padre Manelli e ho conosciuto i frati dell’Istituto, ho avuto l’impressione di trovare finalmente ciò che da tempo cercavo e desideravo e che credevo non esistesse. SONO IO CHE CHIESI AL PADRE MANELLI DI POTER PARLARE CON LUI E DI AIUTARMI. E lui, accogliendo la mia richiesta di aiuto, mi tese la mano accogliendomi nel suo Istituto.
Mi disse di entrare, dopo avermi ascoltato e essersi reso conto che potevo essere tagliato per quel tipo di vita, che corrispondeva alle mie intime aspirazioni.
Nessuna sorpresa se entrai pochi giorni dopo l’ultimo colloquio con lui, il 29 novembre 2008, per la precisione.
Avevo da poco lasciato il seminario di Napoli, mi trovavo in una situazione che richiedeva per necessità una scelta da compiere: non avevo intenzione di iscrivermi ad un’Università né tanto meno cercare qualche lavoro, non aveva senso, perché desideravo diventare francescano tra quei frati con il saio grigio-azzurro e lo volevo al più presto! Se ho avuto qualche attimo di titubanza – ma non ricordo, ad essere sincero – fu a motivo delle parole e dei consigli di mia mamma che mi invitava ad attendere e a temporeggiare.
Mia mamma non ha mai accettato la mia partenza, avrebbe voluto che rimanessi ancora a casa del tempo ma a che pro? Per capire meglio? Cosa? Ciò che cercavo l’avevo ormai trovato!
Purtroppo questo suo tentativo di trattenermi è stato per me causa di tante sofferenze che lei, consapevole o meno, mi ha inflitto nell’arco di questi anni, a partire dalle prime settimane del mio ingresso tra i frati.
Ma mi sforzo di capirla, per quanto posso, sperando che prima o poi gioisca anche lei per la mia gioia e partecipi alla mia felicità. Dice di pensare che io non stia bene. Ma posso testimoniare invece che sto molto bene e spero che la stessa armonia e pace che io godo possa averle anche lei.
• MIA MAMMA SI DICE SFORTUNATA PER IL FATTO CHE IO SIA ENTRATO OLTRE SETTE ANNI FA NELL’ORDINE DI PADRE STEFANO MANELLI, dice che ci sono tante altre persone sfortunate come lei, ma bisogna sapere che molte altre, molte di più di questa prima categoria, si sentono fortunate e contente che una loro figlia o un loro figlio (o anche più di uno) sia entrato nel medesimo Istituto religioso. Tutto dipende dalla recezione soggettiva dei singoli genitori e dal modo di porsi verso la scelta dei figli.
Anche perché i motivi della sfortuna si ridurrebbero tutti al fatto che il figlio o i figli sono lontani da casa, mentre i motivi della fortuna (secondo quanto i “genitori contenti” testimoniano) sono di ben altro spessore e consistenza, quando si comprende il valore di avere un figlio religioso che dedica la sua vita a Dio, al prossimo e offre le sue preghiere per gli stessi familiari che non raramente dicono di percepire la benedizione che proviene da tutto questo.
• Poi alcuni altri elementi della testimonianza di mia mamma hanno toccato il tema del REGIME PENITENZIALE CHE SI SEGUE NELLE COMUNITÀ DEI FRANCESCANI DELL’IMMACOLATA.
• Ma mia madre sa bene l’equilibrio che da sempre ho manifestato su questo tema e sa bene quante volte, per esempio, mi sono adattato in tante cose nei giorni che trascorrevo a casa (a parte il pregare in ginocchio il rosario o dire la preghiera prima dei pasti in piedi che, mi si perdoni, non mi sembra proprio una grande e sconvolgente costrizione penitenziale e del resto non ho mai costretto né lei né mia sorella a fare altrettanto!), sa bene l’equilibrata relazione che ho con la mia salute, motivo per cui quando ritorno in convento dopo qualche giorno passato a casa, la maggior parte di cose che mi porto dietro sono medicine per me, come compresse o flaconcini per la digestione, per il mal di schiena, ecc. Piccoli problemi, del resto, con cui tanta gente convive tranquillamente, senza farne una tragedia.
Ecco tutti i danni che ho ricevuto dopo sette anni di terribile regime penitenziale nell’Istituto dei Francescani dell’Immacolata!!
Mi si pedoni il sarcasmo, ma è proprio inevitabile.
• Mia mamma parla ancora della costrizione a mangiare cibi scaduti.
Prima di tutto vorrei sottolineare il fatto che c’è una differenza tra cibo e cibo e tra scadenza e scadenza. Il tipo di cibo e la durata della scadenza cambiano moltissimo le cose. Mai ho bevuto, per fare qualche esempio, latte andato a male o cibi avariati, magari qualche verdura o frutta un po’ al limite.
Quale dovrebbe essere il grave problema o danno che arreca il mangiare qualche biscotto scaduto, del pane o delle fette biscottate un po’ secche, e cose del genere? Non mi pare proprio il caso di drammatizzare.
In più, mi è sempre stato insegnato dai formatori a fare molta attenzione durante i miei turni in cucina a cucinare sì in maniera non ricercata come si addice ad un regime alimentare francescano, ma anche a prendermi cura che i pasti fossero sempre nutrienti e salubri in modo che non fosse apportato alcun danno alla salute dei confratelli. Certamente non mi sono fatto francescano per magiare lasagna e pollo allo spiedo tutti i giorni!
Del resto, quale famiglia che non navighi nell’oro non si comporta in maniera simile?
La seconda cosa che vorrei dire a questo proposito è che non solo non credo vi sia nulla di cui scandalizzarsi che dei frati francescani non si trattino in maniera principesca nel regime alimentare, ma anzi, si tratta di una bella e luminosa testimonianza di fedeltà a san Francesco e ai suoi figli fedeli che mai hanno seguito una via diversa dal quella della povertà, sobrietà e semplicità.
Per finire su questo tema, vorrei dire che ME LA SONO SCELTA IO LA VITA FRANCESCANA ponderando le esigenze che la fedeltà alla Regola francescana avrebbe comportato nella mia vita. Al presente non me ne pento, lo dico con soddisfazione, e credo che anche in futuro non avrò motivi pentirmene.
• Poi mia madre parla del fatto che le lettere tra me e lei erano controllate e che per le telefonate dovevano passare almeno due settimane ed era necessario ricevere un permesso.
Premettendo il fatto che le lettere non erano controllate, confermo il fatto che vi è una certa vigilanza e una certa disciplina sulle comunicazioni dei frati con l’esterno, soprattutto durante la formazione. La cosa non mi sembra affatto strana né problematica. Vigilanza non significa impedimento. E questa vigilanza serve a tante cose.
Per quanto riguarda la frequenza, per esempio, non è possibile come vorrebbe mia mamma e altri genitori che ci si veda sempre, ci si senta sempre… La vita del religioso è una vita piena, in tutti i sensi, impegnata, ed è giusto che sia per le visite a parenti o ad altre persone, che per le telefonate vi sia una forma di regolamentazione. Del resto regola e disciplina, senza voler far appello a principi religiosi ma semplicemente umani e sociali, sono necessarie per conservare l’ordine e l’armonia all’interno di contesti di vita associata. Non potrebbe essere altrimenti.
Cosa succederebbe se i frati stessero sempre a telefono o fuori convento? Quale vita di comunità si riuscirebbe a vivere all’interno del convento?
Ma mia mamma sa anche bene la condiscendenza dei superiori e quanto la regola generale ammetta tante eccezioni a seconda dei casi particolari. E lei è appunto uno di questi casi. Sa anche che la difficoltà che talvolta può crearsi nel sentirsi dipende dagli impegni e cose di questo tipo ma non da una costrizione della regola.
Sa bene che per le sue necessità e come atto di pietà filiale ho cercato e continuo a cercare di non far mancare la visita a casa oltre alle telefonate, e questo con i superiori consenzienti. Mi sembra proprio che non manchino nelle nostre case religiose spirito di carità e apertura di cuore.
Ma questi “genitori sfortunati” devono da parte loro cercare di capire che la vita del religioso è diversa, tante cose si capiscono solo se si vive all’interno e si condivide la stessa forma di vita e vocazione. Cerchino più che altro di rallegrarsi della felicità dei loro figli e dei frutti umani e spirituali che conseguono alla loro scelta.
• Dice ancora che pensa che io non sono all’interno della Chiesa di papa Francesco.
E questa mi sembra un’affermazione abbastanza gratuita e senza fondamento. Innanzitutto LA CHIESA È DI CRISTO, NON DI PAPA FRANCESCO, PAPA BENEDETTO O CHI ALTRO SIA. E EVIDENTEMENTE IO SONO NELLA CHIESA DI CRISTO CHE RICONOSCE PAPA FRANCESCO COME LEGITTIMO PASTORE SUPREMO DI TUTTA LA CHIESA.
L’Associazione di cui mia mamma ha fatto menzione e di cui sono membro ha tutti i riconoscimenti canonici necessari per stare in regola all’interno della Chiesa Cattolica. Non esiste la contrapposizione che fa mia mamma, Chiesa di papa Francesco e Chiesa della Tradizione: sono la stessa cosa perché sono la stessa Chiesa di Cristo.
Questa Chiesa credo e di questa Chiesa faccio parte, come membro attivo che, mosso dallo sforzo di una conversione quotidiana sempre più profonda, spera con le sue parole e le sue azioni di essere profumo di Gesù Cristo per edificare, illuminare e aiutare tante persone a scoprire la bellezza della fede, testimoniando con la mia persona e la mia vita la gioia di abbracciarla e di seguirla.
Fra Pietro (Roberto) Pedalino