Il Vangelo non dice i sentimenti intimi con i quali san Giuseppe si preparò alla nascita di Gesù, ma è possibile immaginarli tenendo presente quello che il Vangelo dice del Santo. Sono stati, dopo quelli di Maria, i sentimenti migliori, i più graditi a Dio, i più efficaci per l’umanità.
Egli si preparò alla venuta di Gesù con il desiderio, con la preghiera, con le opere buone. Desiderò, ancor prima di conoscerla, l’altissima dignità alla quale Dio lo aveva chiamato. Sapeva molto bene dalla Sacra Scrittura che doveva nascere il Messia e perciò pregava perché nascesse, tanto più pregava quanto più vedeva avvicinarsi il tempo tanto sospirato da tantissimi e innumerevoli anni. Aumentava le opere buone perché fosse meno indegno di ricevere il Salvatore e perché anche gli altri si
rendessero conto dell’avvenimento.
Quante volte avrà pensato a colui che sarebbe stato il padre del Redentore, lo avrà in cuor suo complimentato, benedetto e ringraziato!
Quando poi, inaspettatamente, seppe dall’Angelo che era stato designato a cooperare al grande mistero, nutrì desideri più accesi, alimentò preghiere più ferventi, compì opere buone più numerose. Di giorno in giorno, e poi di ora in ora, dirigeva pensieri e affetti al Bambino, era santamente impaziente di vederlo, toccarlo, adorarlo; ne parlava spesso con Maria.
Intanto, a Nazareth, era occupato e preoccupato di provvedere per tempo a quello che poteva occorrere al Nascituro; a Betlemme, era ansioso di cercare un posto adatto all’evento e addolorato di non aver trovato che una grotta scavata nella roccia, adibita a stalla.
Quando arrivò il momento – e quale momento! – in cui ricevette in braccio il Neonato datogli da Maria o, meglio, datogli da Dio tramite Maria, pregustò il Paradiso.
Adorò Gesù con fede vivissima riconoscendolo, nonostante tutte le apparenze contrarie, Dio sceso in terra per salvare il popolo
dai peccati e inaugurare un’epoca nuova nella storia del genere umano.
Amò Gesù con tutta l’effusione del cuore, come se fosse carne della sua carne, sentendo di voler essere tutto per Lui sino all’ultimo respiro, anche a costo della propria vita.
Godette Gesù vedendolo finalmente presente ai suoi occhi dopo tanta attesa, vivendo l’ora più felice della sua esistenza, sentendosi più beato degli angeli che cantavano sulla grotta di Betlemme.
Ringraziò Gesù per tutte le grazie che gli aveva fatto, riconoscendosi indegno delle predilezioni avute e nello stesso tempo promettendo a Lui fedeltà assoluta.
Per questa sua preparazione alla venuta di Gesù in mezzo agli uomini san Giuseppe è sentito come Patrono della Comunione.
A prima vista l’accostamento tra i due concetti può apparire strano perché san Giuseppe non fece mai la Comunione e forse in vita non ne seppe nulla, ma lo si troverà giustificato non appena si consideri che la Comunione non è altro che la venuta di Gesù in noi.
Il Santo ci insegna come bisogna prepararsi alla Comunione, come si debba riceverla e, infine, come fare il ringraziamento: tre momenti necessari, prescritti e, se vissuti bene, preziosi.
Prepararsi alla Comunione con il desiderio, con la preghiera, con le opere buone.
Il desiderio libera mente e cuore dalle frivolezze, eccita le facoltà interiori, produce il raccoglimento, fa gustare meglio il bene che si aspetta, ravviva il fervore, concentra l’attenzione su Dio.
La preghiera risveglia la fiducia, attira l’aiuto di Dio, sollecita l’intercessione dei Santi, ispira la gioia, fa sentire solidale tutta la Chiesa, dà all’anima un respiro più puro.
Le opere buone fatte (sacrifici, azioni, silenzi, parole, fatiche) sono l’omaggio più concreto preparato per Gesù che viene, e la premessa per offerte ancora migliori.
Questo momento è più necessario degli altri due perché, sebbene la grazia sacramentale sia frutto del Sacramento celebrato, in quanto tale, e non già premio degli sforzi di chi lo riceve, tuttavia essa opererà ben diversamente trovando l’anima più o meno disposta, più o meno capace di ricevere i suoi influssi.
Ricevere la Comunione con adorazione, con amore, con gioia.
L’adorazione è il primo e fondamentale obbligo di ogni essere intelligente, il primo intento a cui Dio mira nel creare, il sottinteso di ogni punto della Legge divina.
L’amore deve avvicinare Dio a noi e noi a Dio nella consapevolezza di essere più favoriti degli angeli che possono sì vedere Dio, ma non possono farlo intimamente proprio come facciamo noi.
La gioia è quella di vivere, almeno un quarto d’ora, con Dio, sapendo che i nostri atti sono come identificati con i suoi perché Egli è in noi, opera con noi, ed è disposto ad esaudirci meglio.
Ringraziare, per la Comunione ricevuta, con umiltà, con speranza, con proposito di fedeltà.
L’umiltà comporta due stati d’animo che nel concetto cristiano non si contraddicono: essere convinti di non avere meritato la grazia della Comunione e, proprio per questo, attendersi dalla bontà di Dio l’elargizione della stessa grazia.
La speranza salva dalla presunzione di aver fatto già abbastanza per assicurare il proprio avvenire proiettato nell’eternità, come dalla disperazione di non poter fare più nulla di valido di fronte alle tentazioni diventate più numerose e più minacciose.
Il proposito di fedeltà include la dichiarata fermezza di non commettere nessun peccato deliberatamente né in pensieri né in parole né in opere né in omissioni, anzi di progredire risolutamente verso vette più alte del vivere cristiano.
E perché questi tre momenti riescano fruttuosi, affidiamoci a san Giuseppe prima di fare la Comunione, mentre la facciamo e dopo averla fatta, perché ispiri le migliori disposizioni alla nostra anima, che può essere più misera della grotta di Betlemme.
Anzi, abbiamo per lui un pensiero di riconoscenza particolare per almeno due motivi: dobbiamo la Comunione anche a lui che ha salvato dai persecutori e conservato per la nostra Redenzione Gesù, che ci ha dato l’Eucaristia e che noi riceviamo nell’Ostia; e poi è stato lui il custode di quello che si può chiamare il primo Tabernacolo della storia cristiana, cioè della Madonna, dalla quale Gesù prese il Corpo e il Sangue, che poi avrebbe
dato a noi in cibo e in bevanda, nella Comunione.
Proposito: Torni gradito alla nostra sensibilità spirituale fare di tanto in tanto, in qualsiasi luogo e a qualunque ora, la Comunione Spirituale, ossia esprimere il desiderio di ricevere Gesù Sacramentato, e farla invocando san Giuseppe.
Grazie mille per il resto del mondo.
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