8 Marzo La circoncisione

 

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Dio aveva detto ad Abramo: «Questa è la mia alleanza che dovete osservare, alleanza tra me e voi e la tua discendenza dopo di te: sia circonciso tra di voi ogni maschio. Vi lascerete circoncidere la carne del vostro membro e ciò sarà il segno dell’alleanza tra me e voi. Quando avrà otto giorni, sarà circonciso tra di voi ogni maschio di generazione in generazione, tanto quello nato in casa quanto quello comprato con denaro da qualunque straniero che non sia della tua stirpe. Deve essere circonciso chi è nato in casa e chi viene comperato con denaro; così la mia alleanza sussisterà nella vostra carne come alleanza perenne. Il maschio non circonciso, di cui cioè non sarà stata circoncisa la carne del membro, sia eliminato dal suo popolo: ha violato la mia alleanza» (Gen 17,10-14).

Per mezzo di Mosè poi Dio aveva stabilito per Legge: «L’ottavo giorno si circonciderà il bambino» (Lv 12,3). E difatti, «quando furono passati gli otto giorni prescritti», san Giuseppe e Maria circoncisero il Bambino – non risulta se personalmente o tra- mite altri – e gli misero il nome Gesù, «come era stato chiamato dall’angelo prima di essere concepito nel grembo della madre» (Lc 2,21).

Gli mise il nome al momento della circoncisione per ricordare, secondo il costume ebraico, che Abramo aveva ricevuto da Dio nel medesimo tempo il suo nuovo nome e l’ordine di farsi circoncidere. Dio gli aveva detto: «Non ti chiamerai più Abram, ma ti chiamerai Abramo, perché ti renderò padre di una moltitudine di popoli» (Gen 17,5).

Era importante l’atto della circoncisione perché segno sensibile dell’alleanza degli ebrei con Dio, dell’incorporazione del bambino nel popolo di Dio, della remissione del peccato originale (pensiero di san Tommaso), e anche perché preparazione e simbolo del futuro Battesimo cristiano e allusione alla futura sofferenza del Redentore.

Importante anche l’imposizione del nome, per Dio e per Israele.

Dio quando sceglieva una persona, le imponeva direttamente il nome – un altro esempio: Isacco (Gen 17,9) –, anzi Egli stesso, quando si rivelò all’inizio dell’Esodo, disse il proprio nome: Jahvè (cf. Es 3,13-15). Israele considerava il nome un tutt’uno con la persona, in quanto ne indicava la missione e il destino.

Perciò san Giuseppe, con Maria, è modello di comportamento ai genitori chiamati dal dovere cristiano a far battezzare il loro bambino e a dargli un nome cristiano.

Dopo essersi adeguatamente preparati con l’aiuto del sacerdote o di un libro, i genitori devono essere presenti alla celebrazione del Sacramento. Presentano il figlio al sacerdote, ne dicono il nome e ne chiedono il Battesimo, tracciano sulla sua fronte il segno della croce, rinunciano a satana e professano la Fede in Cristo. Portano il bambino al fonte battesi- male, tengono in mano il cero, s’impegnano ad educare cristianamente il proprio figlio, al termine del rito firmano la registrazione nel libro dei Battesimi.

Se i genitori non danno sufficiente garanzia circa l’educazione cristiana da impartire direttamente o tramite altri al bambino, non possono meritare che il sacerdote conceda il Battesimo.

 

Il bambino può essere battezzato. Dal momento che è nato, ha contratto il peccato originale annesso alla natura umana, ha bisogno di essere purificato al più presto, non può chiedere il Battesimo perché non può nemmeno parlare: deve dunque vivere correndo il rischio di essere escluso dal Paradiso una volta morto? Morire è così facile per un bambino!

D’altra parte Dio vuole tutti salvi, quin- di anche il bambino, e difatti ha dato il mezzo per salvare anche il bambino attraverso il Battesimo: allora perché negarglielo?

Non fa nessuna difficoltà il fatto che il bambino non capisca; perché a questo suppliscono le circostanze disposte dalla Provvidenza di Dio e dalla bontà degli uomini.

Una prima circostanza: il bambino ha il privilegio di essere dispensato dal rendere al Signore l’atto personale di Fede perché non è in grado di darlo in considerazione della sua età, e perché al posto di lui e per lui lo dà con pieno diritto la Chiesa, rappresentata dai genitori del bambino, dai padrini e dagli altri presenti al rito, i quali tutti, anche se a livello diverso, s’impegnano a dare al battezzato l’educazione alla fede e alla pratica cristiana. Il bambino chiuso nel seno materno non può alimentarsi da solo, ma viene sostenuto dal nutrimento della madre: allo stesso modo non raggiunge la Fede da solo, ma per mezzo della Chiesa.

Una seconda circostanza: il bambino ha la fortuna di possedere i preziosi effetti del Battesimo senza nessuno sforzo personale e quindi senza merito. Nulla di strano in questo perché egli si trovava nello stato di peccato originale senza nessuna colpa personale. Se vive, può ben godere gli effetti del Battesimo: se muore prima di arrivare all’uso della ragione, e quindi alla scelta tra il bene e il male, è certamente destinato al Paradiso. La Chiesa non conosce nessun altro mezzo per salvare il bambino, all’infuori del Battesimo.

Una terza circostanza: il bambino battezzato non perderà mai nella vita la libertà di accettare o rifiutare gli impegni derivanti dal Battesimo, che del resto ci sarebbero quasi tutti anche se non avesse ricevuto il Battesimo. Se li accetterà, sentirà certamente la più grande riconoscenza verso coloro che lo fecero battezzare in un tempo in cui egli non poteva nemmeno pensarlo e troverà più facile accettare quegli impegni proprio per il fatto di avere ricevuto presto la grazia di Dio mediante il Battesimo. Se li rifiuterà, sarà scusato dalla buona fede, pur assumendo le sue personalissime responsabilità certamente negative dinanzi a Dio, e non potrà mini- mamente negare che il Battesimo gli fu dato come dono, il più grande dono, come fu dono la vita datagli, anche se egli la rifiutasse suici- dandosi. Ma, grazie a Dio e ai buoni, oggi tutto fa credere che anche i bambini battezzati ai nostri giorni si manterranno sostanzialmente fedeli agli impegni derivanti dal Battesimo.

La Chiesa è talmente convinta della necessità del Battesimo per i bambini, che arriva a queste posizioni: se il bambino fosse in pericolo di morte, essa non si preoccupa di cercare le garanzie, subito battezza il moribondo e ritiene validissimo il Battesimo conferito se il bambino sfuggirà alla morte. Anche in caso di aborto, bisogna battezzare il feto, se questo dà qualche segno di vita perché, per quanto poco sviluppato, va sempre ritenuto come una persona umana. La scienza ha dimostrato che il feto sente, avverte e reagisce. Il Battesimo può essere amministrato, in caso di urgenza e con le debite cautele, anche quando il nascituro non è uscito del tutto dal seno materno: si tratta della salvezza di un’anima.

Inoltre, anche il nome da dare al battezzando ha la sua importanza. Gli si dà il nome di un Santo per metterlo sotto la sua protezione e per dargli un esempio da ricordare nelle vicende della vita. Non meno bello degli altri per significato è il nome Giuseppe, che vuol dire: “Dio voglia aggiungere”, e fu pronunziato per la prima volta dall’antica Rachele (cf. Gen 30,23) divenuta finalmente madre dopo un lungo periodo di sterilità.

Proposito: Preghiamo durante il giorno san Giuseppe perché faciliti l’amministrazione del Battesimo ai bambini in pericolo di vita.

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