L’Angelo di Dio aveva detto a san Giuseppe, a Betlemme: «Fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò» (Mt 2,13), ed ecco morto Erode, riapparve in sogno a san Giuseppe in Egitto e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e và nel paese d’Israele, perché sono morti coloro che insidiavano la vita del bambino» (Mt 2,19-20).
Il Santo si sentì incoraggiato nel vedere Dio mantenere la promessa fattagli, nel porre fine all’esilio, nel ritornare in patria, nello sperare diminuite le angustie di Gesù e di Maria.
E difatti, «alzatosi, prese con sé il bambino e sua madre, ed entrò nel paese d’Israele» (Mt 2,21), con quel coraggio che gli derivava dall’aver superato il peggio, dal sentire sempre sopra di sé la protezione di Dio e dal rifare nel ritorno una via che conosceva già.
Ma proprio quando il coraggio sembrava dovesse diventare entusiasmo nella patria finalmente ritrovata, ecco un fatto nuovo capovolgere la situazione. San Giuseppe «avendo saputo che era re della Giudea Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi» (Mt 2,22).
Una paura motivata. Archelao era feroce come il padre, malvisto dal popolo, capace di ogni vendetta specialmente se sfuggita al suo predecessore, soffocatore di tumulti, riconfermato sovrano dall’imperatore Augusto.
Paura soprattutto per Gesù e per Maria, che san Giuseppe teneva come i tesori più cari e per i quali avrebbe dato subito la vita; paura di dover scegliere tra Giudea e altre regioni d’Israele, perché lasciato libero di scegliere dall’Angelo apparsogli in Egitto. Quanto dovette pregare san Giuseppe in quel frangente!
Dio non si fece attendere e avvertì in sogno san Giuseppe che «si ritirò nelle regioni della Galilea e, appena giunto, andò ad abitare in una città chiamata Nazareth perché si adempisse ciò che era stato detto dai profeti: “Sarà chiamato Nazareno”» (Mt 2,22-23).
Anche nella nostra vita si avvicendano coraggio e paura, e a breve distanza. Rinasce il coraggio specialmente quando si sta per superare la prova; ritorna la paura soprattutto allorché l’ostacolo è improvviso; talvolta il coraggio è l’effetto della paura, come quando si affronta una mutilazione per scongiurare la morte; talora si finisce con il pestare sotto i piedi con gioia quello che prima si era molto temuto; la paura è più del corpo che dell’anima e il coraggio è più dell’anima che del corpo. Lo stile cristiano aiuta a vivere per il meglio nell’una e nell’altra situazione.
Nell’ora del coraggio, occorre pensare a Dio per ringraziarlo delle forze (fisiche, morali, spirituali, intellettuali) che ci dà perché sentiamo meno la fatica dello sforzo e più il piacere di spuntarla sulle difficoltà, risorgenti con il sole di ogni giorno nuovo. Sarebbe superbia attribuire a sé il merito del successo riportato sulle cose e sugli altri.
Nell’ora della paura, bisogna pensare a Dio per invocarlo come difesa e come conforto perché non abbiamo a soccombere sotto il peso della prova e a cadere in una posizione peggiore. Sarebbe bestemmia prendersela con Dio per non essere riusciti a spuntarla. Insomma pensare sempre a Dio perché senza di Lui non si vive e non si muore, essendo Egli il tutto.
Chi vuol fare il bene, cioè chi ama sinceramente il Signore, non può essere che coraggioso, perché senza forza d’animo non si acquista nessuna virtù, non si è nemmeno pii.
Il Cristianesimo è la religione dei coraggiosi, cioè di quelli che sanno resistere al mondo e alle passioni, a qualunque costo, nonostante tutte le attrazioni del male.
Gesù ha detto a tutti i cristiani: «Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima» (Mt 10,28). «Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono» (Mt 11,12).
Al coraggio ci richiamano oggi in modo particolare l’integrità della nostra vocazione cristiana e la storia dei tempi che stiamo vivendo con crescente sofferenza per l’immoralità dilagante in tutti gli strati della società.
Assolutamente, la nostra professione cristiana non può e non deve affatto essere condizionata dalla paura.
Bisogna saper oltrepassare i propri limiti e superare se stesso correndo il rischio di una situazione ignota, quando si tratta di rendere testimonianza alla verità e alla giustizia.
Proposito: Lungo il corso della giornata invochiamo il nostro caro Santo con le parole delle Litanie: O Giuseppe fortissimo, prega per noi.
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