17 Marzo Il Pellegrinaggio di Pasqua

images-1Dio aveva comandato al popolo ebraico: «Osserva il mese di Abib e celebra la Pasqua in onore del Signore tuo Dio, perché nel mese di Abib il Signore tuo Dio ti ha fatto uscire dall’Egitto, durante la notte. […]. Non potrai immolare la Pasqua in una qualsiasi città che il Signore tuo Dio sta per darti, ma soltanto nel luogo che il Signore tuo Dio avrà scelto per fissarvi il suo nome. […]. Per sei giorni mangerai azzimi e il settimo giorno vi sarà una solenne assemblea per il Signore tuo Dio; non farai alcun lavoro» (Dt 16,1-8).

Erano sottoposti a quest’obbligo soltanto gli uomini che abitavano entro lo spazio di una giornata di cammino, cioè di circa 30 chilometri, e quindi solo nella Giudea; ma vi si sottoponevano liberamente moltissimi israeliti geograficamente più lontani, andando con molta devozione al luogo prescelto dal Signore, cioè al Tempio di Gerusalemme. Anzi i più zelanti solevano portarvi i loro figli non ancora tredicenni, e quindi non ancora soggetti alla Legge mosaica, affinché imparassero presto la bella usanza. Persino gli emigrati tornavano a Gerusalemme per passarvi la Pasqua.

Con il pellegrinaggio alla Città Santa gli ebrei dimostravano soprattutto il senso comunitario della loro religiosità, essendo uniti tra loro, dalla partenza all’arrivo, nelle preghiere e nei canti; e davano la massima importanza alla proclamazione della Parola di Dio, alla quale era strettamente congiunta la storia della loro nazione. Era una celebrazione di famiglia, una festa di popolo, un evento memorabile dell’anno, un raduno nazionale, un’occasione di commercio, un impatto con una folla cosmopolita in un clima primaverile.

San Giuseppe non era obbligato ad andarci perché residente fuori della Giudea, cioè a Nazareth di Galilea distante tre-quattro giorni di cammino, circa 120 chilometri; ma vi andava egualmente, e Maria, benché non obbligata perché donna, andò con lui; anzi «si recavano tutti gli anni a Gerusalemme, per la festa di Pasqua» (Lc 2,41). È facile supporre che vi portarono Gesù non solo «quando egli ebbe dodici anni» (Lc 2,42), ma anche negli anni precedenti.

Con quali sentimenti san Giuseppe, Maria e Gesù andassero a fare la Pasqua a Gerusalemme tutti gli anni, è più facile immaginare che descrivere, non potendo esserci nessun altro pellegrino più fedele e più devoto di essi. Meglio di tutti sapevano, per esempio, tutta la profondità racchiusa nei Salmi (detti graduali o canti delle salite perché per andare a Gerusalemme bisognava salire), indicanti fede, adorazione, amore alla casa del Signore, gioia nel realizzare nell’adunanza liturgica la comunione delle anime.

Anche oggi il pellegrinaggio ad un luogo particolare di culto tributato a Dio o alla Madonna o a un Santo è un atto di devozione degno della più grande stima, benché non comandato. Non è gita né vagabondaggio né superstizione né turismo né industria, ma un andare a cercar religiosamente Dio là dove Egli si è compiaciuto manifestarsi con una speciale dimostrazione e dove appare più disposto a concedere le sue grazie.

 

Esso pertanto è tale solo quando si progetta per sentimento religioso, si svolge con il maggior raccoglimento possibile, si unisce lungamente alla preghiera, alla penitenza e al silenzio, mira a dare il buon esempio agli altri, contiene la gioia nell’ambito della fede, recu- pera o riafferma valori di dottrina e di pratica cristiana.

Può assumere forme diverse: viaggiare a piedi, usare i mezzi più celeri e più efficaci, agire da solo, procedere in compagnia, attraversare paesi, nazioni, continenti, essere per qualche ora abbinato a impresa ricreativa o sportiva o artistica, purché abbia nettamente prevalenti l’ispirazione e i modi della religiosità. Tipico comunque del pellegrinaggio sin dall’origine risalente all’epoca dell’imperato- re Costantino è l’andare a piedi, almeno per qualche chilometro.

Non richiede affatto una mèta lontana e difficile, ma quel tanto di distanza e di sacrificio che gli permetta di manifestare ciò che lo ispira e quello che lo ravviva di ora in ora.

Non può essere assunto come pretesto per abbandonare i doveri del proprio stato o per ritenere di essersi senz’altro riconciliato con Dio facendo a meno dei Sacramenti. Scrisse sant’Agostino: «Il Signore non disse: va’ in Oriente a cercare la giustizia; è amando, non navigando, che si raggiunge Colui che è dappertutto».

Il migliore dei pellegrinaggi desiderabili è certamente quello in Palestina, e specialmente a Gerusalemme, dove sopravvivono i ricordi più diretti di Gesù, Maria e Giuseppe. Già predisse Isaia: «Il monte del tempio del Signore sarà elevato sulla cima dei monti e sarà più alto dei colli: ad esso affluiranno tutte le genti. Verranno molti popoli e diranno: Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci indichi le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri» (Is 2,1-5).

Durante questi venti secoli di era cristia- na il buon Dio ha dimostrato di gradire gli omaggi che a Lui salgono in occasione del pellegrinaggio e li ha premiati con grazie e miracoli.

Non manca nella pratica cristiana il pellegrinaggio in onore di san Giuseppe. I devoti sappiano ripeterlo e diffonderlo ancor di più perché è certamente una forma altissima di devozione al Santo.

 

Proposito: Proponiamoci di recitare la seguente “Coroncina a san Giuseppe”.

Nelle angustie di questa valle di pianto a chi ricorreremo se non a te, o amabile san Giuseppe, al quale la tua amatissima sposa Maria consegnò tutti i suoi ricchi tesori, perché li serbassi a nostro vantaggio? «Andate dal mio sposo Giuseppe – sembra che ci dica Maria – ed egli vi consolerà e sollevandovi dal male che vi opprime vi renderà felici e contenti». Pietà, dunque, san Giuseppe, pietà di noi per l’amore che nutristi verso una così degna e amabile sposa.

* Pater, Ave, Gloria. San Giuseppe, prega per noi.

Ricordiamo di aver certamente irritato la divina Giustizia con i nostri peccati e di meritare i castighi più severi. Quale sarà il nostro rifugio? In quale porto potremo metterci in salvo? «Andate da Giuseppe – sembra che ci dica Gesù –, andate da Giuseppe che io amai come si ama un padre. A lui come a padre io ho comunicato ogni potere perché egli se ne serva per il vostro bene». Pietà, dunque, san Giuseppe, pietà di noi, per il tuo amore per il Figlio così rispettabile e caro.

* Pater, Ave, Gloria. San Giuseppe, prega per noi.

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— Il pellegrinaggio di Pasqua

Purtroppo le colpe da noi commesse, lo confessiamo, provocano sul nostro capo pesanti flagelli. In quale arca ci rifugeremo per salvarci? Quale sarà l’iride benefica che in tanto affanno ci conforterà? «Andate da Giuseppe – sembra che ci dica l’Eterno Padre –, da lui che sulla terra fece le mie veci verso mio Figlio divenuto creatura umana. Io gli affidai mio Figlio, fonte perenne di grazia, ogni grazia perciò è nelle sue mani». Pietà, dunque, san Giuseppe, pietà di noi per tutto l’amore che dimostrasti verso il Signore Dio così generoso verso di te.

* Pater, Ave, Gloria. San Giuseppe, prega per noi.

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