27 Marzo San Giuseppe e il primo Giuseppe

Unknown-2Si suole dire che Giuseppe ebbe l’innocenza di Abele, la religiosità di Noè, la pazienza di Giobbe, la fede di Abramo, l’obbedienza di Isacco, l’umiltà di Giacobbe, lo zelo di Giosuè, il disinteresse di Samuele, la mansuetudine di Davide, la pietà di Giosia: e tutto ciò non è senza fondamento, anche se non è condiviso da tutti con eguale convinzione.

Tutti, però, concordano nel ritenere il primo Giuseppe, figlio di Giacobbe e di Rachele (Gen 30,14), anticipatore del nostro san Giuseppe, non solo per l’identicità del nome (fatto «non privo di significato», ha scritto Leone XIII), ma per la somiglianza di parecchie vicende nonostante la distanza di circa diciotto secoli.

Il primo Giuseppe fu amato da Giacobbe per la sua bontà e semplicità, a preferenza degli altri undici figli. San Giuseppe è stato amato da Dio a preferenza di tutti gli uomini essendo stato chiamato ad un ufficio assolutamente singolare: ad essere sposo di Maria e padre verginale di Gesù.

L’antico Giuseppe, calato in una cisterna asciutta, venduto dai fratelli ai mercanti e da questi rivenduto a Potifar, finì in Egitto; san Giuseppe, perseguitato da Erode a causa di Gesù, è finito esule nello stesso Egitto.

Il primo Giuseppe fu tanto casto da resistere eroicamente alle insistenti sollecitazioni della libidinosa e perfida moglie di Potifar; san Giuseppe è stato tanto casto da meritare di custodire la Vergine Immacolata e la stessa Innocenza.

All’antico Giuseppe Dio parlò per mezzo di sogni e di visioni (sognò il proprio covone di grano dritto nel campo, mentre quelli dei fratelli si curvavano dinanzi ad esso; sognò il sole, la luna e le stelle stare come in adorazione ai suoi piedi); Dio ha parlato con sogni e visioni a san Giuseppe che ha visto veramente a sé soggetti il sole che è Gesù, la luna che è Maria, le stelle che sono i Santi.

Il primo Giuseppe, interpretando esattamente il sogno del faraone sulle sette vacche grasse e sulle sette spighe piene, seppe custodire tanta abbondanza di frumento da sfamare gli egiziani e i popoli confinanti; san Giuseppe, obbedendo fedelmente agli ordini divini ricevuti nei sogni, ha saputo custodire Gesù che è il Pane celeste delle anime, non solo per sé ma per tutto il Popolo di Dio.

L’antico Giuseppe fu onorato da tutti con la genuflessione, dotato di pieni poteri, eletto viceré d’Egitto e proclamato salvatore del mondo; san Giuseppe occupa in Cielo il posto d’onore subito dopo la Madonna ed è accla- mato in terra e in Cielo come Protettore uni- versale della Chiesa.

Il primo Giuseppe fu l’ultimo dei grandi patriarchi raccontati dalla Genesi; san Giuseppe è stato l’ultimo anello della catena patriarcale del Vecchio Testamento e il primo del Nuovo, l’uomo-chiave delle promesse del Signore, assommando in sé tutte le precedenti benedizioni umane e divine.

Il confronto tra i due Giuseppe è naturalmente tutto ad esaltazione del nostro san Giuseppe, immensamente più grande e più santo del suo omonimo connazionale, anche se descritto con meno particolari.

 

La Chiesa ama applicare al suo Protettore alcune espressioni tolte proprio dal racconto dell’antico Giuseppe, che è forse il più bel racconto di tutta la Bibbia per introspezione psi- cologica dei personaggi, per esempio queste due: «Il faraone disse a Giuseppe: “Dal momento che Dio ti ha manifestato tutto questo, nessuno è intelligente e saggio come te”» (Gen 41,39). «Il faraone disse a tutti gli egiziani: “Andate da Giuseppe, fate quello che egli vi dirà”» (Gen 41,55).

Quanto sarebbe stato felice l’antico Giuseppe se avesse saputo di rassomigliare tanto al futuro san Giuseppe! Noi, però, oggi possiamo sapere di essere somiglianti al nostro caro Santo se lo imitiamo nella pratica delle virtù, delle quali egli fu maestro.

La devozione a un Santo non consiste solo nel conoscerlo più o meno curiosamente e nell’amarlo più o meno interessatamente, ma consiste soprattutto nell’imitarlo, cioè nel riprodurre in se stesso, quanto più è possibile, le belle e buone qualità che si conoscono e si amano in lui. Se non c’è l’imitazione del modello, l’ammirazione conta poco e l’amore forse non è sincero. Si domandi perciò ognuno: se fosse qui, al posto mio, san Giuseppe, come farebbe questo dovere che io sono chiamato a compiere? Si lascerebbe forse fuorvia- re dalle distrazioni, sedurre dalle tentazioni, stancare dall’accidia? Non ci metterebbe più diligenza, più preghiera, più costanza? Potrò dirmi suo devoto se mi manterrò così diverso da lui?

Proposito: Ecco allora il proposito da osservare: svolgere le occupazioni della giornata con la maggior perfezione possibile, per rassomigliare a san Giuseppe.

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