30 Marzo San Giuseppe e fratel Andrea

 

Unknown-1Fratel Andrea è il nome da religioso di Alfredo Bessette, laico della Congregazione della Santa Croce, nato a San Gregoire d’Iberville (Canada) nel 1845, morto a Montréal nel 1937, dichiarato Venerabile da Paolo VI nel 1978 e Beato da Giovanni Paolo II nel 1982.

Ha avuto come caratteristica di vita la devozione a san Giuseppe.

Da ragazzo, sostava ripetutamente e a lungo presso la statua del Santo tanto che, molte volte, quando lo si voleva trovare subito, si andava a cercarlo direttamente là. Durante la sua vita di orfanello, povero errante presso parenti e benefattori, tenne san Giuseppe come compagno e confidente.

Da giovane ne parlava a tutti, in Canada e negli Stati Uniti, dove emigrò per tre anni, come di uno che conosceva molto bene. Essendo costretto dalla maggiore o minore precarietà della sua salute a cambiare lavoro fu sempre apprendista, garzone, falegname, fabbro, calzolaio, panettiere, operaio in una filanda, e diceva: «Mio padre era falegname come san Giuseppe, e sarà san Giuseppe ad aiutarmi a trovare un altro posto». Gradì di entrare nella Congregazione della Santa Croce perché questa professava una devozione tutta particolare per san Giuseppe e vi entrò a 25 anni, nel 1870, cioè nell’anno in cui il Santo fu proclamato Protettore della Chiesa universale.

Da religioso, quando aveva occasione di svolgere commissioni in Montréal, si fermava presso qualche malato per dargli un po’ dell’olio preso dalla lampada ardente dinanzi alla statua di san Giuseppe venerata nella cappella del collegio “Nostra Signora” della sua Congregazione, e per raccomandargli di chiedere al Santo la grazia di guarire.

Ottenne parecchie guarigioni, la cui prima testimonianza scritta su cinque casi stra- ordinari risale al 1878. Fu presto sulle labbra di un numero crescente di persone come “il portinaio del collegio che guariva i malati”.

 

Di mese in mese ricevette sempre più nume- rose visite e richieste di guarigione da parte di malati, che egli compativa sino a piangere.

Per “medicina” raccomandava di pregare san Giuseppe con una o più novene, di por- tare in mano, più che addosso, la sua medaglia, di frizionare con essa o con l’olio della lampada di san Giuseppe le parti malate del corpo. Arrivava a dire a un malato di non farsi operare perché già guarito. Risanava con il semplice tocco della mano o con una frase.

Soffriva un’indicibile pena quando gli dicevano: «Guaritemi» senza preoccuparsi di nominare il Santo. Un visitatore gli disse: «Voi valete più di san Giuseppe perché da voi otteniamo qualunque grazia, mentre san Giuseppe rimane sordo alle nostre preghie- re». Fratel Andrea ne ebbe un tale dolore da rimanere a letto per parecchi giorni.

Egli ripeteva: «Ma se la gente capisse che è san Giuseppe a guarire e a convertire… Io sono il cagnolino di san Giuseppe». Con que- sta assoluta certezza poté dire una volta: «Le mie mani hanno lo stesso effetto della meda- glia di san Giuseppe». Nel solo 1916 fu rico- nosciuto autore di 435 guarigioni.

 

Mentre accudiva ai malati andava maturando un pensiero che si faceva sempre più preciso e deciso: costruire un oratorio a san Giuseppe sulla collina prospiciente il colle- gio, ossia su Mont Royal. Lassù si recava da solo, di notte, a pregare. Una notte pose sot- to un albero una medaglia di san Giuseppe per ottenere che il Santo concedesse alla sua Congregazione l’acquisto di quella collina.

Quando ciò avvenne, nel 1896, egli ne allargò il sentiero, ne addolcì l’asprezza con qualche scalino scavato con le sue stesse mani, mise nell’anfratto della roccia una sta- tua di san Giuseppe con una scodellina desti- nata a raccogliere l’obolo dei pellegrini.

Ben presto si recò lassù accompagnato dai guariti, dai malati e dai sani devoti del Santo.

Nel 1904 costruì l’oratorio, nel 1912 lo ingrandì, nel 1915, nel 1924 e nel 1936 lo ampliò ancor di più. Per l’ultimo ingrandi- mento vinse le esitazioni di tutti dicendo: «Volete avere il tetto della Basilica? Mettete la statua di san Giuseppe sui muri aperti, ed egli troverà il modo di coprirsi». Oggi l’Ora- torio “San Giuseppe di Mont Royal” è monu- mentale; accoglie ogni anno circa tre milioni di pellegrini; è ritenuto «la capitale mondiale della devozione a san Giuseppe» (cardinal Tisserant); dimostra avverate le previsioni di molti che dicevano: «Il cagnolino di san Giuseppe abbaierà così forte che lo sentirà tutta la terra».

Non si ha la certezza che san Giuseppe sia apparso a fratel Andrea, però una not- te fu vista la statua del Santo illuminarsi di molto splendore e avvicinarsi a lui. Egli morì con il nome di san Giuseppe sulle labbra (fu esattamente l’ultima parola ben percepita dai presenti) di mercoledì, giorno consacrato al Santo, anzi il primo mercoledì dell’anno il 6 gennaio 1937.

Molti anni prima, mentre da giovane lavorava nei campi, si era appoggiato al rastrello e aveva domandato a san Giuseppe: “Dove dovrò morire?”. Come in sogno, aveva visto allora il collegio “Nostra Signora” di Montréal, che dal 1881 al 1890 si venne trasformando sino a diventare quale egli l’aveva contemplato nella visione.

Ancora oggi tanti fedeli scrivono a lui come se fosse ancora vivo e gli chiedono di presentare a san Giuseppe le loro richieste di grazie. Dalla vita di fratel Andrea emerge questa sfumatura: egli non pregava il Santo per impetragli le grazie, ma per ringraziarlo dei doni che aspettava e sapeva di ottenere, e non per sé ma per gli altri. Quando a lui, oramai prossimo a morire, fu domandato: «Perché non chiedete a san Giuseppe di guarirvi?», egli rispose: «Là non posso nulla per me stesso».

Proposito: Anche noi dobbiamo ringraziare, con tutta l’effusione del cuore, san Giuseppe perché ci ha certamente ottenuto, anche se noi non ce ne siamo accorti, tante di quelle grazie che gli abbiamo chiesto, sia per noi sia per gli altri. Diciamogli lungo il giorno: “Grazie, san Giuseppe, grazie”, guardando o toccando o portando indosso la sua effigie.

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