Silvana De Mari è un medico chirurgo, psicoterapeuta e scrittrice.
Ha fatto il medico in Africa. In Italia ha seguito molti giovani con AIDS quando ancora non c’erano le terapie antiretrovirali, quando ancora non esisteva la vaccinazione contro l’epatite B. Quando, dunque, per queste infezioni, si moriva. Fino a poco tempo fa la dottoressa pensava che il comportamento omosessuale fosse irreversibile, che non fosse possibile un recupero del proprio orientamento sessuale. Sapeva, però, perché lo sperimentava, che quel comportamento era un comportamento disfunzionale, non corrispondente ai propri compiti o fini. Tutto ciò fino a quando non ha conosciuto ex omosessuali che hanno recuperato il corretto orientamento e compreso che «… la cosiddetta omosessualità maschile passiva può essere una condizione acquisita che diventa una dipendenza e che può essere modificata, con infinita fatica, certo, ci vuole una motivazione d’acciaio … », certo, ma può essere modificata.
La dottoressa, da due anni a questa parte, ha compreso che la cosiddetta omosessualità non è genetica. NON SI NASCE OMOSESSUALI! E non per ragioni di bigotteria, ma per ragioni scientifiche. Pur se non sono medico, non mi risulta, infatti, che sia stato identificato il gene dell’omosessualità, ergo, non si può affermare che si nasce con tendenze omosessuali.
Dal punto di vista biologico non c’è bisogno di una laurea per comprendere che la sessualità è una relazione possibile solo tra un uomo e una donna, poiché biologicamente predisposti alla riproduzione. Tutto il resto, tutte le altre alternative, rientrano nella sfera dell’erotismo.
La dottoressa De Mari ha avuto la “pessima” idea di richiamare le ricerche e i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sull’altissima percentuale di mortalità dovuta alle infezioni contratte con relazioni innaturali, con relazione, cioè, contrarie alla verità biologica sull’uomo e sulla donna.
La relazione MSM, tra due maschi, produce quantomeno dolore fisico, oltre ad avere delle ricadute sulla sua personalità. Un cervello in equilibrio non si espone al dolore, argomenta giustamente la dottoressa. «Chi si espone volontariamente al dolore, e quindi al danno, ha un disequilibrio. Il dolore causa un picco di endorfine da cui si diventa dipendenti, ma con un continuo danno sul senso del sé, per cui si diventa dipendenti dal dolore».
Sono bastate poche affermazioni su questa falsariga per scatenare la reazione rabbiosa delle associazioni LGBT concretizzatasi in una denuncia da parte del pride di Torino alla Procura della Repubblica, per aver offeso, « … in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, […] in più occasioni l’onore e la reputazione delle persone con tendenza omosessuale».
E quanto il tenore dell’accusa, rispetto alla storia brevemente accennata, sia fondamentalmente ideologico, non ha bisogno di ulteriori commenti. E se la scienza dice il contrario di quanto noi pensiamo, mettiamole il bavaglio.
Questa storia è emblematicamente drammatica e dovrebbe farci svegliare da quel torpore in cui siamo calati. Sulla pelle di questa donna coraggiosa è in corso una battaglia per la libertà. Se c’è un disegno criminoso è quello dell’ideologia che vuole negare l’evidenza, negare la verità e ridisegnare, per così dire, il reale a misura del proprio credo. È in atto la più grande rivoluzione di tutti i tempi, con un cambiamento del paradigma esistenziale, e quel che è peggio, sono in pochi quelli che lo comprendono.
Cfr Silvana De Mari, Non facciamoci imbavagliare, Edizioni Fede & Cultura, ppg 6-8, 31
One thought