I Papi hanno sempre colto ogni occasione favorevole per ricordare san Giuseppe alla Chiesa, non soltanto per un sentimento personale di devozione a lui, ma per esercizio di diritto e di dovere del loro Magistero.
Di secolo in secolo hanno offerto all’attenzione degli studiosi e alla pietà dei fedeli tracce nuove di approfondimento teologico e di pratica pastorale sulla figura del Santo, in una tensione continua di scoperte dottrinali, che non sono terminate ancora.
Specialmente gli ultimi Papi, da Pio IX all’attuale, hanno impiegato, quasi in gara, fatti e giudizi che meritano il massimo dell’ascolto e della riflessione, anche se nessuno di essi ha creduto finora opportuno stabilire su san Giuseppe una verità di Fede rivelata. D’altronde essi non hanno imposto nulla di autorità, da Roma, ma hanno ricevuto e ordinato i più vari affetti e suggerimenti provenienti da tutte le parti del mondo ed espressi non poche volte sotto forma di petizioni scritte e documentate. Piace qui, ora, citare Pio XI (†1939), il quale, il 21 aprile 1926, scrisse: «Ecco un Santo che entra nella vita e la vita trascorre nell’adempimento del più alto mandato divino, nel mandato incomparabile di vegliare sulla purezza di Maria, di custodire la divinità di Gesù Cristo, di tutelare, consapevole cooperatore, il mistero, il segreto a tutti ignoto, fuorché alla Santissima Trinità, della Redenzione del genere umano. È nella grandezza di questo mandato che sta la singolare e assolutamente incomparabile santità di san Giuseppe, perché veramente a nessun’altra anima, a nessun altro Santo tale mandato fu affidato, e tra san Giuseppe e Dio non vediamo né possiamo vedere che Maria Santissima con la sua divina maternità».
Pio XI fissava così, con precisa chiarezza, i fondamenti dell’eccezionalità di san Giusep- pe durante la cerimonia della Beatificazio- ne di sant’Andre-Hubert Fournet e di santa Giovanna Antida Thouret.
Affermò, inoltre, il 19 marzo 1928: «È così suggestivo vedere vicinissime sorgere e quasi contemporaneamente brillare certe magnifiche figure: san Giovanni Battista che si affaccia dal deserto, talvolta con voce tonante e talvolta con mite dolcezza, come il leone che rugge e come l’amico dello sposo che gode della gloria dello sposo…; Pietro, che ascolta dal Maestro divino quelle magnifiche parole pronunciate anch’esse in faccia al mondo e ai secoli: “Tu sei Pietro…”: missione grandiosa, divinamente fastosa e clamorosa.
E tra queste due missioni appare quella di san Giuseppe, che passa invece raccolta, taci- ta, quasi inavvertita, sconosciuta, nell’umiltà, nel silenzio. Un silenzio che non doveva illuminarsi se non dopo qualche secolo, un silenzio a cui ben doveva succedere, e veramente alto, il grido della gloria, ma soltanto dopo secoli.
Eppure dove più profondo è il mistero, dove più fitta è la notte che lo copre, dove più completo è il silenzio, è proprio lì che più alta è la missione, più ricco il corredo delle virtù che per essa si richiedono e del merito che doveva per felice necessità corrisponderle…».
Pio XI sanzionava con questi termini la superiorità di san Giuseppe sul Battista e su san Pietro, nell’allocuzione tenuta per l’eroi- cità delle virtù di santa Giovanna Elisabetta Bichier des Ages.
Scrisse ancora il 19 marzo 1935: «È il mistero, il segreto della divina Incarnazione, della Redenzione che la santa Trinità rivela all’uomo. Veramente più in alto non si può andare. Siamo nell’ordine della Redenzione, dell’Incarnazione, dell’unione ipostatica, del- la personale unione di Dio con l’uomo!
È in quest’attimo che il cenno di Dio ci invita a considerare l’umile e grande Santo, è in quest’attimo che Egli detta la parola che spiega tutto nei rapporti tra san Giuseppe e tut- ti i grandi Profeti e tutti gli altri grandi Santi, anche quelli che hanno avuto elevati uffici pub- blici, come gli Apostoli; nessun’altra celebrità può superare quella di avere avuto la rivelazio- ne dell’unione ipostatica del Verbo divino!».
Pio XI affermava soprendentemente la partecipazione di san Giuseppe all’unione ipostatica, nel discorso sulle eroiche virtù di Emilia de Vialar, fondatrice delle Suore di San Giuseppe dell’Apparizione.
Affermò, poi, il 19 marzo 1937: «Per affret- tare la tanto da tutti desiderata “pace di Cristo nel regno di Cristo” poniamo la grande azione della Chiesa Cattolica contro il comunismo ateo mondiale, sotto l’egida del potente san Giuseppe».
Pio XI dichiarava questa risoluzione terminando l’Enciclica Divini Redemptoris. Scrisse infi- ne il 19 marzo 1938: «Si suol dire e osservare questa parola “onnipotenza” dell’intercessione di Maria Santissima; ma il Papa osa dire che, prima ancora, bisogna applicarla a san Giuseppe. È vero: l’intercessione di Maria è intercessione della Madre, quindi il Figlio non può negare nulla a lei; ma l’intercessione di Giuseppe è quella dello sposo, del padre, del capo di casa della famiglia di Nazareth… Capo di casa era proprio lui, Giuseppe, perciò questa inter- cessione non può non essere onnipotente».
Pio XI affermava dunque san Giuseppe “intercessore onnipotente”, dinanzi a un grup- po di novelli sposi. Riassumeva in due parole tutto il passato giuseppino e spalancava un oriz- zonte nuovo, non ancora esplorato del tutto.
Questo grande Papa chiamò san Giuseppe anche il “padre della grande carità” e a lui affidò i moribondi stabilendo apposite aggiunte di invocazioni nelle preghiere liturgiche.
Proposito: Ci sia caro invocare oggi spesso, anche se brevemente, san Giuseppe per dimostrargli entusiasticamente tutta la nostra fede nella sua onnipo- tenza supplichevole presso Maria e presso Gesù.
Tutti i diritti sono riservati