Il 18 aprile scorso nella arcidiocesi di Santiago, in Cile, Monsignor Celestino Aòs, ha negato la comunione a coloro che si sono inginocchiati. Non si tratta di un caso isolato. Siamo in presenza di una vera e propria persecuzione contro chi osa esprimere la propria fede con un segno di riverenza e di rispetto verso il Santissimo Corpo di nostro Signore Gesù Cristo.
Non si tratta, dunque, di voler formare il partito degli inginocchianti, ma solo di disporsi nel modo meno indegno possibile al cospetto dell’Altissimo che ha la compiacenza di venire dentro di me, peccatore.
Non si tratta nemmeno di distinguere tra modernismo e tradizionalismo, ma di essere o meno nella verità.
L’aver istituito lo scorporamento della prassi pastorale dalla dottrina non può che giustificare una visione della Chiesa in piena rottura con la Tradizione, alimentando un clima di confusione, tanto più profondo, quanto più persistente è il silenzio e l’omissione della correzione dell’errore.
A tal proposito si ricorda che il documento della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, al numero 91 recita come seguita: Nella distribuzione della santa Comunione è da ricordare che«i ministri sacri non possono negare i sacramenti a coloro che li chiedano opportunamente, siano disposti nel debito modo e non abbiano dal diritto la proibizione di riceverli». Pertanto, ogni cattolico battezzato, che non sia impedito dal diritto, deve essere ammesso alla sacra comunione. Non è lecito, quindi, negare a un fedele la santa Comunione, per la semplice ragione, ad esempio, che egli vuole ricevere l’Eucaristia in ginocchio oppure in piedi.