Il tempo nel quale affliggeva più il suo corpo era la settima santa e specialmente i tre giorni che precedono la Pasqua. In questi non gustava egli cibo di sorta alcuna e benché moltiplicasse tutte le sue penitenze, non era tuttavia mai sazio. Raddoppiava i cilici si flagellava aspramente più volte al dì con una sferza armata di acutissime stellette di ferro sino a molta effusione di sangue. Poi una indicibile costernazione e il sommo dolore che dimostrava anche all’esterno per la passione e morte del Redentore e deposta la sua consueta ilarità si abbandonava ad un profondo silenzio, non salutava alcuno per via e si abbandonava di tanto in tanto in amarissime lacrime con singhiozzi e sospiri, sembrava più morto che vivo. Interrogandolo alcuni sul motivo di ciò egli rispondeva: Come? hanno fatto morire il mio innocente Gesù e non volete, che pianga ?