Non meno del bene spirituale procurò San Crispino con tutte le forze anche i temporali vantaggi del prossimo. Sono incredibili le fatiche e i travagli, che sempre sostenne per provvedere e servire i Conventi nei quali era destinato . Oltre ai viveri che procurava e che portava sulle sue spalle per alimentare la religiosa famiglia e spesso ancora gli operai del convento, provvedeva anche sovente il cemento per le costruzioni, le bestie per i trasporti, la legna per il fuoco e ogni altra cosa necessaria. Qualunque altro si sarebbe stancato a tante cure ma non San Crispino il quale era animato dalla carità. Uno dei suoi detti quando era più gravato dalle fatiche o da altre traversie era che chi gli prestava aiuto era una Sibilla. Se vangava nell’orto, diceva che una Sibilla lo aiutava ad alzare quella vanga, se portava grandi carichi sulle spalle, una Sibilla gli dava forza, se nevicava o pioveva una Sibilla gli portava l’ombrello. Una volta fu obbligato dal suo provinciale a spiegargli l’enigma, ed egli rispose che questa sua Sibilla era la fraterna carità. La cosa più mirabile poi era che quanto più San Crispino era austero con se stesso tanto più era mite e compassionevole verso gli altri. Usava con il suo compagno tanta discretezza che non volle mai aggravarlo troppo; se vi erano bisacce pesanti, fiaschi grandi o altri carichi enormi se li addossava tutti lui. Quando si tratteneva per ragioni questue nell’Ospizio di Orvieto si contentava di qualche tozzo di pan inzuppato ma voleva che il compagno si ristorasse con cibo e bevanda migliore.
Non poteva la sua carità contenersi nei limiti claustrali ma uscendone fuori si diffuse ad ogni genere di persone. Non vi era famiglia miserabile e angustiata che non sperimentasse la carità di San Crispino e che non fosse da lui largamente sovvenuta. Aveva egli presa licenza di poter cercare elemosine anche per i poveri secolari onde se esso era fatto consapevole della grave indigenza di alcuno, andava eccitava i più facoltosi a sovvenire il suo prossimo e tanto sapeva presentare la necessità, che otteneva sempre il suo intento. A molte famiglie provvedeva il pane e altri alimenti, a molte di vestimenti, a molte di denaro per pagare la pigione di casa o altri debiti, e a molte delle cose necessarie. Poi si interessava anche in modo particolari di famiglie benestanti cadute in povertà, a queste faceva arrivare segrete elemosine e tutto faceva con tanta prudenza e segretezza che ne rimanevano consolati non solo per il soccorso ma altrettanto restavano soddisfatti per il modo. Se pendevano in giudizio liti dispendiose fra i secolari egli faceva da mediatore fra le parti e componeva amichevolmente le vertenze; se erano in discordia i mariti con le loro mogli egli si metteva di mezzo e li pacificava, se vi erano ricorsi dei padri contro la condotta dei figli i padri, San Crispino riconduceva al dovere i traviati, cercava padrone ai servi, materia di lavoro agli artisti, lavoro ai giovani senza impiego a secondo delle loro arti ed infine si prendeva cura di bambini abbandonati alla porta del convento, egli li raccoglieva e qual tenera madre li custodiva tutta la notte e all’indomani segretamente li portava all’ospedale e di tanto in tanto li andava a visitare e cresciuti in età li ammaestrava nella dottrina cattolica e di buone massime e quando giungeva il tempo per essere dimesso, San Crispino si dava pensiero di sistemarlo.