Il Capitolo II degli Atti degli Apostoli ci ricorda la predicazione di san Pietro ai giudei. Ad essi mostra l’evidenza dell’istituzione di Dio Padre, della Signoria di Gesù, quello stesso di cui il popolo aveva chiesto a Pilato che fosse crocifisso e che, ora, accompagnava la predicazione di san Pietro, conferendole una nuova forza, un nuovo slancio pieno di vigore.
Quel giorno, ci dicono gli Atti, furono battezzate circa tremila persone. In questo modo comincia ad attualizzarsi la missione degli Apostoli di evangelizzare tutto il mondo, secondo il comando divino.
Ora, va da sé, rifiutare il compito di evangelizzare significa rifiutare lo stesso comando impartitoci dal Figlio di Dio. Dunque, ogni cristiano e la Chiesa stessa non può venir meno a questo compito se vuole essere veramente di Cristo, se vuole permanere nella verità, se non vuole creare una chiesa alternativa a quella di Cristo.
Purtroppo, però, oggi si sente dire che la chiesa non deve fare proselitismo e, peggio ancora, un tale pensiero è accolto da una parte della stessa gerarchia ecclesiale. Ciò è un grave errore!
Ciò che si deve evitare, non è evitare di insegnare la retta dottrina insegnataci da Cristo stesso, ma semmai, là dove ci fosse, l’imposizione forzata finalizzata alla conversione coatta e non l’evangelizzazione affinché tutti i popoli riconoscano Gesù, Cristo e Signore.
Sarebbe un grave errore pensare che per rispettare l’Islam, per esempio, non si debba parlare di Gesù, Figlio di Dio e seconda persona della Trinità. Sarebbe un grave errore accordarsi con i governi di paesi atei, affinché i vescovi da loro scelti siano riconosciuti dalla Chiesa e non siano, invece, nominati dalla Chiesa stessa. Sarebbe, infine, un grave errore rinunciare a riconoscere i privilegi dell’Immacolata, solo per non dispiacere i nostri fratelli protestanti che ne minimizzano la funzione nell’economia della salvezza.