Un mese con san Giuseppe 1° giorno

tradizioni-san-giuseppe-artigianoIl Vangelo non riferisce neanche una parola di san Giuseppe. Con ciò non intende affatto far pensare a un Santo muto o taciturno, ma indubbiamente gli dà un aspetto che sorprende, anche se, in fondo, non dispiace.

Sorprende perché san Giuseppe, certamente normalissimo nella sua umanità, ha parlato nelle vicende accadutegli, anche se poco, e non può aver detto che pensieri degni della sua persona e della missione affidatagli; e sorprende anche perché gli Evangelisti non potevano ignorare quanto sarebbe riuscita cara una parola di lui ai cristiani, specialmente ai devoti, come rivelatrice dei suoi intimi sentimenti e ispiratrice di preziose riflessioni.

Tuttavia il fatto non dispiace perché il silenzio, attribuito come regola di condotta da un santo come Giuseppe, vale anch’esso una parola, anzi una lezione. Dice, infatti, un grande valore della vita, uno tra i più incompresi del nostro tempo in cui sembra esserne scomparso l’uso e imperversa l’abuso della parola, specialmente tramite il soverchiante sfruttamento degli strumenti della comunicazione sociale (stampa, cinema, radio, televisione, cd, ecc…).

Il silenzio fa paura ai mediocri, che vedono in esso qualcosa indicante ignoranza, solitudine, fallimento, malattia, morte; o anche astuzia, cattiveria, trama; o ancora spreco di tempo, vuoto.

E invece il silenzio è quiete, pace, pienezza, creatività, ricchezza, salute. «È sempre bello, e l’uomo che tace è più bello dell’uomo che parla» (Dostoevskij). «Ha qualcosa di aristocratico, di solenne, di sacerdotale» (Provenzal). «È, dopo la parola, il secondo potere del mondo» (Lacordaire). «È un poco come la notte e il dolore: serve per scoprire mondi nuovi» (Ferrari). È d’oro, mentre la parola è d’argento, è una siepe attorno alla saggezza, anzi «il colmo della saggezza» (Pindaro). «Dà all’uomo un non so che di misterioso e divino» (Vicentini). «Dà peso alle azioni e credito alle parole» (Bacone).

 

È un angolo benefico della vita nel quale nessuno mente, un’arte più necessaria del parlare, come ai bambini così agli adulti; «è il nunzio perfetto della gioia, io sarei poco felice se potessi dire quanto» (Shakespeare); «solo il silenzio è grande: tutto il resto è debolezza» (De Vigny).

«Le parole passano come scorrendo tra gli uomini; ma il silenzio, se ebbe un istante l’occasione di essere attivo, non si cancella mai, e la vera vita, la sola che lasci qualche traccia, non è fatta che di silenzio… Ciò che di un essere profondamente amato innanzi tutto ricorderete, non saranno le parole da lui dette o i gesti da lui fatti, ma i silenzi vissuti insieme, perché è la qualità di questi silenzi che sola ha rivelato la qualità del vostro amore e delle vostre anime» (Maeterlinck).

Il silenzio è, oltretutto, l’espediente più sicuro per chi diffida di se stesso nella conversazione, come ricorda la Bibbia: «Anche lo stolto, se tace, passa per saggio e, se tiene chiuse le labbra, per intelligente» (Prv 17,28).

Il silenzio si intende rispettato quando si parla per necessità e a proposito, quando nelle compagnie si preferisce con tutta serenità ascoltare anziché parlare, quando conversando non si cede all’effervescenza e ci si mantiene in un certo riserbo. Non è tanto un fatto di bocca o di orecchio, quanto di spirito e di interiorità.

Soprattutto aiuta a parlare a Dio, perché restituisce l’individuo a se stesso, produce il raccoglimento, dispone alla contemplazio- ne, distacca dalla terra, fa percepire il senso dell’eternità, offre una gioia diversa e superiore.

Aiuta a sentire Dio che ama parlare con chi ama tacere; Egli parla di più a chi più tace con le creature; «parla nel cuore» (Os 2,16) a chi si fa capace di sentire solo Lui. Egli ha dimostrato di preferire, quando parla, ampi spazi silenziosi, come l’Oreb, il Sinai, il Carmelo.

Vissuto con Dio e per Dio, il silenzio diventa così non soltanto silenzio di lingua che regola l’uso della parola, ma anche e soprattutto silenzio di mente, allontanandone ozio, curiosità, frivolezza; e silenzio di cuore, rimuovendone lusinghe, seduzioni, cedimenti.

Gesù Cristo ha preferito rimanere trent’anni nel silenzio prima di predicare il Vangelo, e anche nel tempo della predicazione cercava il silenzio per trattare “da solo” con il Padre la salvezza dell’umanità.

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San Paolo nel deserto dell’Arabia ha curato la propria formazione rileggendo in chiave cristiana la Bibbia e le tradizioni.

Il Beato Angelico, a coloro che gli domandavano dove mai avesse trovato tutta la bellezza ritratta nel volto delle sue Madonne, rispondeva: «Nel silenzio e nella preghiera». Egli, infatti, dipingeva tacendo e stando in ginocchio.

San Vincenzo de’ Paoli scrisse per convinzione: «L’anima degli affari di Dio è il silenzio». Fenelon ha creduto di assicurare: «Se siete fedeli nel saper tacere quando non è necessario parlare, Dio vi farà la grazia di non dissiparvi parlando per le vere necessità».

Paolo VI nel documento sulla vita religiosa Evangelica testificatio ha ammonito: «La ricerca dell’intimità con Dio comporta il bisogno, veramente vitale, di un silenzio di tutto l’essere» (n. 46).

Proposito: Si scelga un tempo della giornata da vivere nel silenzio in unione con san Giuseppe e con lui si dica: “Il silenzio è la tua lode, Signore”.

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